Dal bisogno di risposte alla scelta di insegnare

Il cammino di Carlo Mannarini, che all’ISSRM “don Tonino Bello” ha trovato gli strumenti e le relazioni per trasformare le domande in una professione. Quando Carlo ha deciso di cominciare gli studi in scienze religiose, culminati con il conseguimento della laurea magistrale, sapeva di avere molte domande e poche risposte. Cercava chiarezza, strumenti e un percorso di crescita che unisse pensiero critico e attenzione agli altri. Oggi, da insegnante, racconta come quegli anni di studio siano stati decisivi non solo per la sua professione, ma anche per la sua visione della vita e delle relazioni.

  • Cosa ti ha spinto a intraprendere gli studi in Scienze Religiose presso l’ISSRM “Don Tonino Bello” e in che modo questa esperienza ha arricchito la tua formazione personale?

Ricordo questa scelta come uno dei momenti più complicati, ma anche come una delle migliori decisioni che abbia mai potuto prendere. Se dovessi riassumere il motivo che mi ha spinto a intraprendere questo percorso con poche parole direi che avevo molte domande e tanto bisogno di risposte. Una delle più importanti, penso, fu questa: avevo sentito parlare (e straparlare) così tanto di religione e di chiesa da così tante “campane” che avevo bisogno di sapere. Dovevo comprendere qualcosa in più. L’Istituto Superiore di Scienze Religiose Metropolitano (ISSRM) non mi ha dato solo gli strumenti e la formazione, ma tanto altro. Consiglierei questo percorso anche a chi cattolico non è. Questo cammino mi ha cambiato la vita sia perché mi ha insegnato l’importanza della cura del prossimo e del servizio nella comunità, sia perché ho compreso cosa volessi veramente fare nella mia vita: l’insegnante di religione. Ero alla ricerca della mia vocazione. Credo di averla azzeccata. Ad oggi sono felice di fare quello che faccio.

  • Quali aspetti o insegnamenti del percorso accademico ti hanno maggiormente colpito e continui a portare con te oggi nella tua vita professionale e personale?

Innanzitutto, mi porto i ricordi e le amicizie di tante persone incontrate in questo percorso, tra colleghi e docenti, e tutti a loro modo mi hanno trasmesso qualcosa. Tra queste vorrei ricordare una docente di filosofia che ho avuto al mio primo anno accademico e che il Signore ha accolto a sé nel 2020, ma che mi ha lasciato tanto in termini di coraggio, speranza nei giovani e libertà intellettuale: la prof.ssa Lilia Fiorillo. Credo di avere preso coscienza di diverse cose. Ho compreso quanto sia vero che non si finisce mai di imparare. Ho capito che per essere un cristiano attento al mondo è importante studiare e prepararsi, e che conoscere meglio le scritture può aiutare a capire l’uomo. È vero, però, che per essere dei buoni cristiani è ancor più importante e necessario vivere la fede e saper amare il prossimo e prendersene cura (e non è sempre facile). Riuscire a far questo vale più di mille lauree.  Mi ha insegnato a coltivare spirito e senso di servizio che cerco di portare nel quotidiano come gli impegni della parrocchia e dello sport.

  • Come si riflettono gli studi teologici nel tuo attuale lavoro di insegnante di IRC e nel rapporto con gli studenti?

Gli studi teologici mi hanno fornito tanti strumenti su diverse discipline. Ci sono stati esami che ho amato di più e altri meno, ma tutti mi sono serviti nel mio lavoro: mi permettono di collegare problematiche sociali e di vita reale degli adolescenti (ma anche degli adulti) a concetti chiave di teologia, storia, arte, filosofia, teologia biblica e morale cristiana. Inoltre, materie come comunicazione, didattica e pedagogia si sono rivelate estremamente funzionali per una migliore trasmissione dei contenuti. Ciò si realizza più efficacemente nel momento in cui riusciamo a unire l’entusiasmo e il gusto che abbiamo avuto nell’approccio a questa materia con il bisogno degli studenti di sentire questi argomenti importanti per le loro vite. Questo aiuta a coinvolgere maggiormente gli studenti a cui dobbiamo essere sicuri di lasciare sapere e speranza e da cui possiamo imparare tanto ogni giorno.

  • In che modo ritieni che la formazione ricevuta all’ISSR ti abbia permesso di sviluppare una sensibilità particolare verso gli altri e una capacità di dialogo nel contesto scolastico e comunitario?

Può sembrare una banalità, ma questa formazione mi ha fatto comprendere concretamente l’importanza della cura dell’altro che ha per strumenti essenziali l’ascolto e il dialogo. Non è solo teoria, ma soprattutto una pratica. Quando ciò riesce bene, le studentesse e gli studenti si interessano di più alla materia e mostrano entusiasmo e gratitudine. Ritengo che perché si compia una buona formazione, questa facoltà abbia bisogno di essere vissuta con la giusta dose di meditazione e preghiera. C’è un concetto che a me piace ribadire che si connette alle virtù teologali: come queste sono doni di Dio e non si ottengono per merito, ma perché ci vengono date gratuitamente, così anche la sensibilità e il dialogo ci vengono trasmesse attraverso le relazioni. È solo attraverso l’Altro e gli altri che ho potuto imparare. Quindi, non posso fare a meno di ringraziare Dio per tutto questo e per avermi dato docenti e colleghi che mi hanno fatto crescere, soprattutto dal punto di vista dello scambio reciproco e del senso comunitario. Tutto questo cerco di portarlo non solo a scuola, ma anche in altri ambiti del mio quotidiano.