Echi caravaggeschi a Lecce: la luce del Barocco tra arte e fede

Che cosa resta del genio di Caravaggio nel cuore del Barocco leccese? Quali tracce della sua lezione, fatta di chiaroscuro, realismo e tensione drammatica, possiamo ancora scoprire nelle chiese e nei musei della città?

A Lecce, infatti, si conservano testimonianze preziose di “echi caravaggeschi” che rivelano come la luce del maestro lombardo abbia ispirato pittori diversi, capaci di tradurne l’eredità in nuove forme espressive.

Il napoletano Paolo Finoglio, ad esempio, nella Sacra Famiglia del cucito trasforma la scena sacra in un’intima quotidianità: Maria intenta a cucire, Giuseppe che veglia il Bambino, un angelo che invita al silenzio, San Giovannino che entra discreto. È la vita domestica che si fa teologia, illuminata da un raggio di luce che accende i volti e scalda lo sguardo di chi osserva.

Più drammatica è la pala di Sant’Orsola e compagne martiri, in cui l’attimo del sacrificio si concentra nel braccio alzato del carnefice e nello sguardo intrepido della santa. Qui il chiaroscuro diventa linguaggio della fede, capace di rendere presente la tensione del martirio.

E ancora, il San Bartolomeo proveniente dalla chiesa di Santa Teresa, copia della serie di Jusepe de Ribera oggi al Prado di Madrid: un volto rugoso, segnato dal tempo, che emerge dall’oscurità e guarda diritto verso l’osservatore, stringendo il coltello del proprio martirio. Un’immagine che sembra interpellare chi la contempla.

Alcune di queste opere, oggi custodite e valorizzate presso il Museo Diocesano di Arte Sacra di Lecce, rappresentano un ponte ideale tra la grande stagione caravaggesca e la sensibilità barocca del Salento.

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